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CONGRESSO DI KOCHIN

Si è stabilito un dialogo tra le avvocatesse indiane e italiane 
Si è svolta in India a Ernakulam - Kochin - Stato del Kerala, la CONFERENZA DI TUTTE LE AVVOCATESSE INDIANE, organizzata da “FIDA INDIA” e dalla “FEDERAZIONE DI AVVOCATESSE KERALA”, nei giorni 28-30
dicembre 2009.

Sono state inviate le avvocatesse Italiane che hanno organizzato a Milano il congresso FIDA Ha aperto i lavori della Conferenza la Presidente dell’India, signora Pratibha Patil, avvocata, la prima donna che ha ricoperto in India la più alta carica di quel grande affascinante Paese.
Hanno partecipato almeno mille giuriste provenienti da tutti gli Stati dell’India: giudici avvocate e docenti universitarie.
Si è parlato di crimini contro le donne, di proprietà’matrimoniale, di molestie sessuali nel contesto lavorativo, di giustizia di genere nell’ambito legislativo-giudiziario.

Ospite d’onore, il capo del sistema giudiziario, Primo Giudice di tutta l’india, K.G. Balakrishnan, che ha chiuso i lavori, con un discorso elegante agile e coinvolgente ma dalle caratteristiche paternalistiche, che l’assemblea ha sottolineato criticamente.
Qui di seguito, pubblichiamo la relazione portata al congresso dalla nostra Giovanna Chiara per la delegazione italiana, dal titolo “PARITA' E PARI OPPORTUNITA' per un diritto di genere”:


La delegazione Italiana che rappresento esprime gratitudine per essere stata invitata a questo autorevole Congresso. Siamo grate alle Colleghe che hanno egregiamente organizzato la partecipazione di oltre mille giuriste da tutta l’India, rendendo questo incontro un evento di straordinaria importanza. Il nostro deferente saluto alle Autorità che ci onorano della loro presenza.
Vi portiamo la solidarietà delle amiche che a Milano, hanno organizzato il 54° congresso FIDA e lavorano in Italia e in Europa, per elaborare studi progetti azioni che diano un contributo di genere al diritto.

In Italia, noi avvocate siamo diventate quasi il 50% della professione forense; quasi il 40% dei Magistrati sono donne. Un mondo della giustizia al femminile per quasi la metà: ma ai posti di comando e nelle sedi che
contano le percentuali femminili scendono a meno del 5% .

In verità, non è molto tempo che le donne italiane si sono poste nel contesto giuridico sociale e politico come soggetti, con pari diritti rispetto al soggetto maschile. Fino all'inizio del novecento le donne non erano ammesse negli Ordini forensi, hanno avuto il diritto di voto solo nel 1945, all'indomani della seconda tragica guerra mondiale, che aveva distrutto il nostro Paese. Solo dal 1965 le donne hanno potuto ricoprire il ruolo di Magistrato.

Ma in quest'ultimo cinquantennio, come genere, abbiamo fatto grandi passi in ogni ambito.
Sono sempre più numerose le donne che studiano: si laureano prima e meglio degli uomini e sono presenti in ogni ambito professionale.
Siamo state noi donne, a portare nella società epocali cambiamenti. Per esempio, come giuriste abbiamo determinato una profonda evoluzione legislativa del diritto di famiglia, per sancire la parità di diritti dei coniugi tra loro, e la parità di diritti di tutti i figli, comunque nati, nel matrimonio o no, nella direzione di considerare la famiglia centro di affetti, e non centro di accumulo delle ricchezze per il futuro di pochi, nati privilegiati.

In medicina abbiamo assistito allo sviluppo del settore materno/infantile che ha quasi annullato la mortalità delle donne per parto e dei bambini alla nascita e le donne che esercitano la professione in campo medico-psicologico hanno contribuito a trasformare la stessa logistica di accoglienza ospedaliera e di cura e hanno rivolto particolare attenzione e studi al rapporto mamma/padre/bambino. In architettura si sono progettati spazi domestici,
si sono costruite scuole e attrezzature ricreative per l’infanzia: progetti urbanistici che dovrebbero tenere conto delle esigenze di vita e di svago delle persone e delle famiglie, e non solo destinati alla gloria di potenti e
multinazionali.

Tuttavia sempre scarsa e ambigua resta la partecipazione femminile in politica, anche se i vari governi che si sono succeduti nell'ultimo cinquantennio (quasi esclusivamente al maschile), non hanno potuto
ignorare le istanze femminili che premono in Italia, in Europa, nel mondo.

Hanno dovuto legiferare per realizzare particolari "politiche" che riguardano la partecipazione delle donne alla cosa pubblica e il sostegno alla loro carriera (politica delle cosiddette "quote rosa", che dovrebbero
garantire paritaria rappresentanza di donne e uomini ai vertici in ogni ambito amministrativo politico e produttivo).
Adesso, esiste il “Ministero delle Pari Opportunità”, anche se senza portafoglio; dal 1991 esiste, pur con scarsi finanziamenti, la “Consigliera di Parità” presso il “Ministero del Lavoro” nominata a livello nazionale e
locale per realizzare sul posto di lavoro i principi di uguaglianza, di pari opportunità e non discriminazione tra uomini e donne. Con la partecipazione ai progetti del Fondo Sociale Europeo a favore delle “pari opportunità”
anche in Italia, sul modello dei Paesi nordici europei, si cerca di incentivare la “formazione professionale” delle donne, concepita come strumento per l'inserimento lavorativo.

E un altro capitolo si é aggiunto alla "politica" per le donne: le “politiche di conciliazione” perseguite particolarmente dalle amministrazioni locali che predispongono strumenti di flessibilità nell'organizzazione degli orari di lavoro, degli orari degli uffici pubblici e dei negozi, in una generale strategia che consenta alle donne di svolgere il doppio lavoro (c’è, però, chi dice che proprio la destinazione “alle donne” di questa politica, costituisce di per sè discriminazione). Tra le donne, sul posto di lavoro nel pubblico nel privato e nelle professioni, sono sorti i "Comitati delle pari opportunità" per equilibrare la presenza femminile con
quella maschile, anche dal punto di vista economico e reddituale.

Ma non è tutto oro quel che riluce.

Troppo spesso, gli organismi di parità sono diventati autoreferenziali; si son prese spazio con le pari opportunità e le quote rosa mogli e cortigiane a scapito di donne più preparate; uomini e donne in politica parlano un
linguaggio astratto populista e difendono i privilegi che hanno radici maschiliste. Questa politica non è compresa e non interessa le donne che lavorano due volte, in casa e fuori casa.

Le donne non votano per le donne,  perché non hanno fiducia nelle donne asservite al potere.
Nessuno osa più contrastare il diritto delle donne al lavoro e alla carriera, ma la partecipazione pubblica delle donne trova ostacoli nel costume e nei poteri civili e religiosi costituiti e tra le stesse donne quando sullo stimolo
degli “studi delle donne” si vuole opporre alla politica di potere maschile una importante riflessione: quali VALORI perseguono le donne come genere nel contesto sociale?

Continuiamo ad essere le "custodi" della “cultura” patriarcale, vogliamo far "carriera" con la spregiudicatezza degli uomini? Oppure, in quanto donne, portatrici di vita, siamo in grado di consegnare alle future generazioni VALORI NUOVI “DI GENERE”?
Ci sono giuristi sociologi economisti - donne e uomini - che in Italia, nell'Europa, nel mondo, sostengono che con il pensiero femminista, sia nato un nuovo valore, sconosciuto alle civiltà che ci hanno preceduto, il VALORE
di dare alle future generazione una vita di pace e di solidarietà. Ma è una voce che non ha ascolto nei giochi della politica di potere dei pochi sui molti.
Eppure, la GENITORIALITA’ DELLA RESPONSABILITÀ, ci sembra un VALORE inestimabile.

Parte dalla decisione CONSAPEVOLE della donna di voler essere madre, non per caso: per un atto di violenza o di piacere. Parte dalla scelta consapevole del VALORE della nuova vita che nasce, perché ogni bambino/a,
unicum irripetibile, sia desiderato/a amato/a ed accudito/a.
Potrebbe essere questa la rivoluzione pacifica dei nostri tempi che pone al centro i diritti umani di ogni nato da donna, e che ha come premessa la partecipazione delle donne alla cultura per assumere responsabilità non
solo per se stesse, ma per il futuro delle generazioni: contro la prevaricazione del più forte verso la protezione del più debole.

La emancipazione delle donne dalla soggezione culturale “al maschile” inizia nel riconoscere alle donne la tutela della loro funzione riproduttiva e l’autoderminazione nella generazione, per condurre l’umanità verso un
mondo di pace. Un mondo dove nessun nato da donna conosca più la miseria morale e materiale in cui ancora tanti esseri umani vivono, senza diritti e senza speranze. Una responsabilità genitoriale per evitare che in
tante parti del mondo i bambini siano abbandonati e venduti per turpi destini, per contrastare conflitti armati etici, di fazioni, di nazioni, dove tanti bambini e bambine sono arruolati per le guerre degli adulti; perché non
siano più utilizzati i bambini bisognosi per discutibili campagne umanitarie
.
Da poco tempo abbiamo varcato, come donne, la soglia che ci teneva relegate nell'ignoranza e nel privato .

Come donne e come giuriste ci siamo adoprate e ci stiamo adoperando, nei consessi internazionali e nei nostri Paesi per sostenere la tutela dei diritti umani di ogni nato nel riconoscimento della soggettività alle donne nella
differenza di genere, per portare le donne nei centri decisionali non a fine di potere personale o familiare, ma a servizio di una convivenza sociale in giustizia, pace e libertà. 

Come avvocate, siamo partite non dai vertici del potere, ma ascoltando e difendendo gli umili dalle prevaricazioni dei forti. E abbiamo difeso le donne violentate, chiedendo le leggi che portassero ad un giudizio giusto, abbiamo
difeso i bambini che commettono reati perché abbandonati a se stessi dai loro genitori, in miseria morale e materiale, chiedendo le leggi a loro protezione per permettere loro la riabilitazione a salvaguardia della loro
crescita. Abbiamo fondato i consultori: servizi alle donne ed alle famiglie per informare ed indirizzare, con progetti propositivi - donne e uomini - verso la soluzione dei problemi di carattere economico, psicologico,
familiare, sessuale, affettivo, di relazione, in una società che diviene sempre più complessa. Ci siamo battute e ci battiamo per un sistema di diritti che contrasti il diritto del più forte e si fondi sui diritti umani di ogni nato ad
essere amato, accudito, per crescere armoniosamente, e partecipare.

Vi confido che questo è la seconda volta che vengo nel vostro grande affascinante Paese. L'anno scorso mi ero soffermata in diversi Stati per completare un incarico professionale di esecutore testamentario affidatomi
da una generosa signora che, morendo, aveva donato una importante somma di denaro alle "bambine che vivono in India, per studiare, farsi una posizione avere una piccola dote quando si sposano".
Ho visto la povertà, ma anche una grande dignità in molte donne umili.

Ho visto la generosità delle associazioni di volontariato, ho visto amore per la vita e solidarietà, ma anche prevaricazioni.
Ci tenevo, care Colleghe, a partecipare a questo Vostro importante congresso: come delegazione italiana, Vi abbiamo portato, con umiltà, le nostre esperienze, per arricchirci, a nostra volta delle Vostre.
Siamo venute con il proposito che questo non sia un incontro occasionale, ma l’inizio di una relazione tra giuriste di diversa cultura, per comuni intenti.

Voi avete nella Storia della Vostra libertà i precetti pacifisti di Gandhi, che dialogava con la "Lega Femminile Internazionale per la Pace e la Libertà" (che aveva sede a Ginevra alla Società delle Nazioni) e diceva: "Le donne
dell'ovest stanno giocando una parte molto importante, se non la principale, nel movimento (per la pace)".
Ecco: noi donne dell’ovest, speriamo di essere ancora all’altezza di questa fiducia e di stabilire con Voi una comunicazione tra giuriste per il futuro di questo nostro pianeta così fragile, che diviene sempre più piccolo e affollato.