Questa donna che si sentiva incompleta se non aveva al fianco un uomo e non poteva essere chiamata “signora”, dopo il matrimonio perdeva il suo nome e la sua identità personale per essere soltanto una moglie che si realizzava attraverso il marito e perciò puntava tutto su di lui. A volte lavorava lei per mantenerlo agli studi, e assicurarsi così di essere poi mantenuta a sua volta per tutta la vita. Oppure dedicava l’intera giornata ad accompagnare i figli a scuola, andare a riprenderli, portarli in palestra l’uno e in piscina l’altro, nutrirli e ipernutrirli, badando al giusto dosaggio delle vitamine, delle proteine e dei carboidrati, secondo le ultime tabelle pubblicate dalle riviste femminili.
Centro questa forma di schiavitù dorata, di cui la donna media americana non aveva coscienza, si levò la prima organizzazione, che non si definiva ancora femminista ma in fondo lo era già, il N.O.W. (Organizzazione nazionale delle donne). Fu fondata dalla stessa Betty Friedan nel ‘66, e reclamava parità di diritti e di potere nella società, a cominciare dal numero dei deputati che sedevano in parlamento e che erano, come dappertutto, quasi esclusivamente uomini. All’appello della Friedan, che era una donna di mezza età, sposata e con due figlie, risposero soprattutto le sue coetanee, casalinghe o impiegate subalterne, come lo sterminato esercito di segretarie sempre sorridenti, la cui massima aspirazione sembrava dovesse essere quella di accontentare il loro capo. Esse si accorsero, per la prima volta, che tutti i posti importanti erano occupati dagli uomini, che una donna per fare carriera doveva avere qualità eccezionali e rinunciare a sposarsi, perché l’uomo americano, ancora più dell’europeo, si sentiva “inferiorizzato” se la moglie guadagnava quanto o più di lui.
Questo primo sussulto della rivolta femminile avvenne tuttavia in modo ordinato e nel pieno rispetto delle regole: si dava per scontato che la società esistente fosse quella giusta, e si voleva solo raddrizzare qualcosa di storto, dividendo in due la torta del potere riservata per ora solo ai maschi. Invece, assai più rivoluzionario fu il primo gruppo del Movimento di liberazione della donna, nato a New York nel 1967 e riprodottosi rapidamente, quasi per un processo di germinazione spontanea, a Boston, poi nelle varie università, infine in tutte le città e cittadine americane.
Furono soprattutto le giovani ad aderire al movimento - studentesse e ragazze che lavoravano - perché nuova era anche l’ideologia che l’ispirava: per liberare la donna dai miti e dalle strutture che l’opprimono, bisogna cambiare la società e realizzare una grande “rivoluzione culturale”, ossia andare al nocciolo del pensiero, della filosofia che finora ci ha governato. Si tratta, in altre parole, di trasformare questa società maschile, in cui l’uomo l’ha fatta sempre da padrone, in una comunità nella quale la donna possa partecipare in egual misura a tutte le attività portandovi i suoi valori; e in cui l’essere moglie e madre non rappresenti una limitazione, come non lo è per l’uomo l’essere marito e padre.
L'avventurosa storia del femminismo di Gabriella Parca
Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. - Milano - Prima edizione Collana Aperta maggio 1976
Seconda Edizione Oscar Mondadori marzo 1981
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