A scuola non c’è spazio per l’educazione emotiva all’insuccesso, al dolore. Capita poi che al primo contrattempo i ragazzi diano segnali di frustrazione esagerata. In realtà, come dice la maestra Rosa, siamo noi adulti ad essere impreparati, ad avere paura di trattare il tema della sofferenza e della morte.
Ed ecco allora che semplici e lapidarie arrivano le parole di Francoise Dolto che sostiene che ai bambini non bisogna tacere niente, né, peggio che mai, mentire. I bambini hanno diritto alla verità. Alla grande domanda sulla morte, Dolto suggerisce di rispondere: “si muore quando si è finito di vivere.
Tutti. Adulti, vecchi, bambini. Si può fare molto in fretta a finire, come certe farfalle o molto tardi, come gli elefanti. Ma tutti muoiono quando hanno finito di vivere”.
Un concetto semplice, chiaro. che arriva subito. Diretto.
I bambini non sono infantili, sono solo persone piccole, sostiene Wolf Erlbruch, scrittore tedesco. L’importante è saper dire loro le cose nel modo giusto, non tacerle.
Ed ecco anche le continue citazioni, i riferimenti ai numerosi testi scritti in letteratura per i bambini, per insegnare loro ad avere confidenza con il tema della morte, come l’anatra, la morte e il tulipano dello stesso Erlbruch.
Una storia di amicizia. Dell’amicizia tra un’anatra e la morte.
Un’amicizia diffidente in principio, ingenua e limpida poi e piena di confidenza alla fine. Di confidenza e sollievo, lo stato d’animo che chiunque può provare disteso su un prato una sera d’estate accanto ad un amico, in silenzio. L’anatra e la morte se ne vanno via insieme; non c’è più morte dopo la morte, non c’è più paura. I bambini lo sanno. Sanno che per non avere più paura bisogna far amicizia con la paura.
Come sostiene l’autrice nel prologo, “rivendicare il diritto di invecchiare e persino di morire è un fatto politico. Se accetto di cancellare i segni del tempo dalla mia faccia accetto di cancellare l’idea del tempo che passa. Sparisce dalla faccia, sparisce dall’anima. E se non c’è più il tempo, se ogni giorno è uguale al precedente è sempre oggi non c’è ieri né domani, non c’è più nemmeno il senso interno della responsabilità dei propri gesti.
Perché un volto racconta la storia di una vita e una vita scorre lungo il filo del tempo. Ci sono scelte che si fanno, conseguenze che si vedono. La responsabilità non è che questo: la coscienza della conseguenza delle proprie azioni. C’è un prima e un dopo, altrimenti non esiste conseguenza. Quando sparisce dalla faccia prima o poi sparisce dai gesti. E dai comportamenti individuali e collettivi, dalla politica.”
Non si possono eludere la sofferenza, il dolore, la perdita dalla nostra vita. Ma si può e si deve cercare il modo migliore per accettare anche questi aspetti. Per prenderci confidenza. Secondo l’autrice il modo migliore per imparare a cercare vie d’uscita al dolore, alla sofferenza, alla morte è attraversarlo, esprimerlo. Nominarlo, trasformarlo in forza. E per fare questo serve anche molta ironia.
E’ una fatica, ma anche un’avventura magnifica la vita e come dice Stefania Sandrelli morente nel film La prima cosa bella,
“Però ci siamo tanto divertiti!”.