Il libro che voglio presentare si inserisce in un dibattito molto attuale sulla scelta diventare/non diventare madre.
Che l'argomento sia appassionante è testimoniato da alcuni testi usciti recentemente:è apparso da poco in Francia un libro scritto dalla psicoanalista Corinne Maier “No kid” che enuncia 40 motivi per non avere figli. In Italia è stato pubblicato da Feltrinelli “Mamma o non mamma”, scritto da Sausani e Stancanelli, dove in forma di epistolario tra amiche si discute sui valori, sulle difficoltà, sui piaceri e sui problemi relativi all'essere madre.
Il libro di Paola Leonardi e Ferdinanda Vigliani sembra trattare questa tematica in modo “leggero” attraverso testimonianze di donne che non hanno avuto figli, ma si inserisce in una riflessione teorica complessa elaborata dal femminismo negli anni '70 sulla maternità simbolica.
La formula delle interviste rende il testo scorrevole, aperto a punti di vista articolati e diversificati. Vi è comunque un filo rosso che lega le interviste, una tesi forte: le donne intervistate sono donne “speciali”, e la maternità non può considerarsi solo biologica, ma si può essere materne, cioè creative e feconde, in molti altri modi.
Paola Leonardi si occupa da sempre di donne, e la sua ricerca spazia dalla sociologia alla psicologia, vedendo la specificità del femminile in modo qualitativo e quantitativo.
Se è possibile fare un appunto ad un lavoro così denso di riferimenti bibliografici, citazioni ed ipotesi interpretative è che il motivo per cui nasce (sollevare le donne da un senso di inadeguatezza) rischia di diventare una affermazione “meglio non avere figli”.
Rossana Rossanda si distacca da questo filone, non accetta l'intervista ma offre spunti di riflessione in una lettera pubblicata nel testo: ”Penso che la libertà di una donna non dipenda dall'avere o no figli. Non averli non rende più libera chi non lo è, averne non imprigiona chi si sente libera...
Perchè perfino da parte di un certo femminismo essere donna significa essere sottoposta ad un destino tra il biologico e il metafisico?”
Questa posizione, legata alla realtà ed alla pratica politica della Rossanda, è una risposta interessante e forse meno ideologica a molti quesiti che pone il libro.
Nell'introduzione Paola Leonardi parla di pregiudizi verso le donne che scelgono di non avere figli, la scelta avere/non avere figli viene presentata come una scelta razionale, ma la psicoanalisi ci ha raccontato quanto nell'area del desiderio prevalgano le motivazioni inconsce, e proprio questa scelta di maternità si inserisce in un incrocio di motivazioni complesse, difficilmente decriptabili.
L'autrice spiega nella prefazione le motivazioni del libro:
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le donne hanno diritto a scegliere su un tema importante come la maternità
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le donne non devono necessariamente essere madri
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cosa rappresenta per alcune la scelta di non essere madri
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una riflessione sulla maternità simbolica
Si entra con questo concetto di maternità simbolica in un tema molto ampio portato avanti dal femminismo negli anni 70.
L'intervista a Lea Melandri dice a proposito della scelta essere / non essere madre: “Sono rimasta figlia, una adolescente a vita, questo ha fatto si che non avessi desiderio di sposarmi e di avere figli, quando si è affacciata l'idea della maternità l'ho subito scartata. Io volevo fare la rivista...”
La scelta di Lea Melandri consiste in una realizzazione di sé attraverso la cultura e lo spendersi nel movimento delle donne, per lei essere madre sarebbe stata una limitazione di tempo e di energie.
Le donne intervistate sono donne speciali, donne che hanno un ruolo importante in vari settori, dal giornalismo alla scrittura, dalla storia alla psichiatria, che non hanno avuto figli con motivazioni molto diverse.
In Natalia Aspesi il tono è divertente, ironico, a volte quasi provocatorio:
“Avere figli è una cosa di cui si può fare a meno...mi sembra che dal momento che le donne hanno trovato altri modi di vivere, forse più egoistici, la maternità è diventata una cosa in più, non vedo perchè si dovrebbe dire: i miei romanzi sono i miei figli. Un figlio non può essere una sostituzione. Ho delle amiche per cui il pensiero di passare un pomeriggio con i bambini è una cosa che le fa pazze di felicità, io mi butterei dalla finestra”.
Le nuove generazioni feminili (dette donne “acrobate” per la finalità di tenere insieme tutto, carriera, famiglia, affetti) sono lontane da questo modello di donna della Aspesi.
Possiamo dire che alcune intervistate rivelano un atteggiamento molto rigido sulla scelta di non avere figli, mentre per altre si sente che in qualche modo è stato il percorso di vita, la mancanza di un compagno stabile, nel portarle a non essere madri.
Un tema di questo genere porta a posizioni molto distanti, dove l'unico collante forte è l'idea dell'autonomia della donna, della scelta di maternità libera conquistata con la pillola o attraverso l'aborto.
Piera degli Esposti dice: “Sono tra quelle donne che hanno scelto di non avere gravidanze e hanno scelto di non portarle avanti...donne che vengono considerate carenti...una donna senza figli è mancante...c'è una discriminazione...i progetti, i lavori diventano i suoi figli...
Ci sono mamme che dalla maternità prendono forza, io ne sarei stata così rapita che non mi sarebbe rimasta più forza per niente altro”.
Molto interessante è la testimonianza di Ida Dominijanni, giornalista del Manifesto, quando dice che un figlio è una difesa dal lutto e dalla morte, ma che “l'esperienza politica femminista ha creato uno spostamento del desiderio e dell'investimento...Abbiamo investito il desiderio di maternità su altro” e viene anche discusso il rapporto madre/figlia che ha occupato molto spazio nella rilettura della psicoanalisi attuale.
Attraverso le parole di Margherita Giacobino entriamo in un'area nuova: la possibilità di avere figli all'interno di una coppia formata da donne.
Giacobino, studiosa di letteratura e scrittrice, dice: “Perchè le donne hanno la possibilità di fare figli e adesso hanno anche quella di fare figli senza gli uomini è molto giusto che la usino...Si parla sempre di amore materno ma perchè non si considera l'amore filiale?
Perchè io devo riprodurmi a livello fisico? Io posso anche usare in altro modo le energie creative” dove una scelta diversa in campo affettivo quale l'omosessualità porta a considerazioni molto simili ad altre donne intervistate tanto sul piano del senso di avere/non avere figli e del significato della maternità simbolica.
Nelle parole della storica Luisa Passerini la scelta di non essere madre è rivendicata con molta chiarezza, ma dopo una analisi psicoterapica Passerini si accorge che forse il disinteresse per la maternità poteva anche avere una motivazione profonda: la perdita precoce della mamma.
Diversamente da altre intervistate la sua posizione su una maternità alternativa a quella biologica attraverso il lavoro culturale/creativo, viene negata: “i rapporti con gli altri, con i libri, con gli allievi non sono sostituti o sublimazioni”.
Le interviste sono tutte molto interessanti, integrando situazioni di vissuto personale, a volte molto coraggioso, con riferimenti a percorsi analitici pieni di risonanze emotive, ad analisi di problematiche sociali e di riferimenti storici di movimenti diversi del femminismo.
E' un libro molto ben strutturato, dove le donne possono riconoscersi anche nel loro essere figlie nel rapporto con la loro madre: un exursus ricco a livello culturale, ma anche denso di momenti emotivi e come direbbe Paola Leonardi non si rivolge solo alla mente, ma anche alla pancia (riprendendo un tema caro all'autrice nel sostenere la necessità della educazione agli affetti).