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L’angelo del focolare si ribella - Capitolo XLIII

Le “donne di casa” in Italia sono circa dodici milioni e quindi rappresentano la categoria femminile più vasta, ma sono anche le più difficilmente raggiungibili dall’ideologia femminista. Infatti il loro stesso lavoro le isola, invece di facilitare gli scambi e i contatti, e poiché è di tipo ripetitivo, assai poco creativo, le rende insoddisfatte, ma quasi vergognose di ammetterlo. A tutto questo si aggiunga la scarsa considerazione in cui quel lavoro è tenuto dai familiari perché “non produce ricchezza”, e in cui è tenuta la stessa casalinga, nonostante tutta la retorica dell’angelo del focolare.
Perciò il movimento femminista ha cercato di rivalutarla, arrivando alla proposta di alcuni gruppi di darle un salario.

Molti pensano, però, che questo la farebbe scadere maggiormente al rango di domestica, rischiando oltretutto di istituzionalizzarne la figura anche per il futuro. In realtà, ci sembra molto più attuale la lotta che si svolge anche nel nord Europa per arrivare all’interscambio dei ruoli, abolendo la figura della casalinga e facendo in modo che il lavoro domestico sia equamente diviso fra tutti i componenti della famiglia.
Diversamente che altrove, in Italia alcuni gruppi femministi ammettono tra i loro aderenti anche gli uomini. Sono I’MLD (Movimento per la liberazione della donna) federato al partito radicale, e il FILF (Fronte italiano di liberazione femminile) che aderisce alla Lega dei diritti dell’uomo.
L’MLD nacque nel 1969 da un seminario di lavoro politico sulla liberazione della donna, organizzato dai radicali, e fin dall’inizio si pose degli obiettivi immediati e concreti. Da quanto risulta dal documento costitutivo, essi sono: l’informazione sui mezzi anticoncezionali anche nelle scuole e la loro distribuzione gratuita; la liberalizzazione e legalizzazione dell’aborto; un’azione nella scuola, tesa a eliminare i programmi differenziati tra i sessi; la socializzazione dei servizi che gravano sulle spalle della donna sotto forma di lavoro domestico; la creazione di asili-nido improntati a una visione antiautoritaria.
Per raggiungere questi obiettivi sono previste sia azioni di tipo tradizionale, come le proposte di legge, sia di tipo antitradizionale, ad esempio la disobbedienza civile di massa, ossia il rifiuto di osservare quelle norme che sanciscono la discriminazione tra i sessi. Tutto ciò rientra pienamente nella “strategia radicale”, impiegata nelle varie lotte per i diritti civili, dall’istituzione del divorzio all’obiezione di coscienza. Essa è stata usata infatti anche nella campagna per la liberalizzazione dell’aborto, che si è sviluppata prima nell’opposizione alla nuova legge discussa in Parlamento, perché non ritenuta pienamente rispondente alle esigenze della donna. Ma anche se si deve riconoscere che è una strategia molto efficace, l’MLD appare non del tutto autonomo rispetto al partito radicale, il quale come tutti i partiti politici è diretto e ispirato da uomini. Per questa ragione, molte scissioni si sono verificate all’interno dì quel gruppo, che pure si presenta come uno dei più efficienti e attivi.
All’ipoteca della presenza maschile non sfugge neanche il FILF, nato nel 1970 e organizzato in una struttura di tipo quasi autoritario. Esso è diretto da un Comitato promotore, di cui fanno parte anche degli uomini, e a cui si affiancano i cosiddetti Nuclei spontanei. Tuttavia il FILF ha ugualmente contribuito a elaborare e diffondere una tematica femminista, soprattutto attraverso la rivista Quarto mondo, di cui sono usciti diversi numeri.
“Rivolta femminile”, nato anch’esso nel ‘70, è invece uno dei gruppi più decisamente separatisti, al punto di rifiutare qualsiasi rapporto con la stampa perché è gestita dagli uomini: e di non accettare la presenza di appartenenti al sesso maschile neanche nei congressi. Sorto contemporaneamente a Roma e Milano, accoglie tra le sue file artiste e intellettuali, che “producono” numerosi opuscoli e qualche libro di grande interesse, come Sfida femminile di Elvira Banotti, con la prima raccolta di testimonianze sul problema dell’aborto. Del gruppo fa parte anche una pittrice, Carla Accardi, che fu allontanata dalla scuola in cui insegnava per aver avviato con le sue alunne un dialogo sui temi dell’educazione sessuale, pubblicato più tardi in un delizioso libricino dal titolo Superiore e inferiore.
“Rivolta femminile” si allarga e si divide in mille rivoli, rifiutando di darsi una struttura di tipo tradizionale, perché la ritiene in qualche misura sempre autoritaria. Da quel gruppo ne sono perciò derivati altri, che prendono il nome di Collettivi femministi, tra cui il più numeroso e attivo è forse quello romano, che organizza mostre, promuove riunioni e incontri, pubblica un bollettino di notizie.
Da quando il movimento è nato in Italia, più o meno contemporaneamente agli altri paesi europei, non sono mancate le grandi manifestazioni pubbliche, oltre a qualche congresso che ha fatto molto parlare di sé. Ma di certo quella che non si può fare a meno di ricordare è la manifestazione indetta a Roma 1’8 marzo del ‘72 in occasione della Giornata internazionale della donna, interrotta da una brutale quanto inspiegabile carica della polizia. Una delle leader del movimento, l’insegnante Alma Sabatini, fu gravemente ferita alla testa e dovette essere ricoverata in ospedale. Sembrò di essere tornati indietro di cento anni, quando le suffragette inglesi venivano percosse dai poliziotti perché chiedevano il voto.
Via via che il femminismo si è andato affermando, altri gruppi si sono aggiunti a quelli nati fin dall’inizio. Fra i più noti c’è l’”Anabasi”, che ha pubblicato a Milano un interessantissimo numero unico dal titolo Donne è bello (trasposizione esatta dello slogan del movimento negro-americano “Black is beautiful”, che afferma l’orgoglio dell’esser neri); Le “Nemesiache”, che svolgono a Napoli soprattutto un’attività teatrale; il Collettivo femminista di Torino, quello di Cagliari e il gruppo di Gela. Poi ve ne sono numerosissimi altri, secondo alcuni addirittura migliaia, sparsi in tutta Italia: ma è praticamente impossibile darne una mappa sia pure approssimativa, perché spesso cambiano nome, oppure si scindono, oppure si unificano tra loro. E anche questo fa parte di un processo di maturazione e di crescita.
Ugualmente difficile è tracciare un quadro delle numerose pubblicazioni che sono uscite in questi ultimi anni, sia pure in modo saltuario o per pochi numeri, a causa delle fortissime difficoltà economiche. Tra le più note sono Effe, Quòtidiano donna, Rosa, Se ben che siamo donne, Mezzo cielo e Sottosopra. Vi sono poi state delle iniziative, come quella del Centro della Maddalena a Roma, che ha dato vita a un teatro femminista molto attivo e qualificato, nonché alla prima libreria specilizzata sulla condizione femminile. Altre Librerie delle Donne sono poi nate a Milano, Torino, Bologna, Roma, Catania, Genova, Firenze, Cagliari, Padova, Pisa. Infine, sempre a Roma, in via del Governo Vecchio, è sorta la Casa della Donna, che tra le altre attività ha anche quella di promuovere dei corsi di studio, noti sotto il nome un po’ pomposo di Università delle donne.

L'avventurosa storia del femminismo di Gabriella Parca
Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. - Milano - Prima edizione Collana Aperta maggio 1976
Seconda Edizione Oscar Mondadori marzo 1981
Copyright by Gabriella Parca - Terza Edizione - www.cpdonna.it 2005