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Cous Cous

Recensione di: Gabriella Parca

Ci sono dei film che piacciono molto ai critici, i quali gridano subito al capolavoro segnalandolo con cinque stelle, come un hotel extralusso. Così, lo spettatore comune che va a vederlo, per non fare la figura del cretino dice che è bellissimo, e lo dice anche ai suoi amici.

Tutti corrono in massa allo spettacolo, creando file lunghissime davanti al botteghino e questa è la migliore pubblicità. Poi, però, se chiedi a quello stesso spettatore perché il film gli è piaciuto tanto, nella maggior parte dei casi non te lo sa dire.
E’ quello che avviene, a mio parere, per “Cous Cous” del regista tunisino Abdellatif Bechiche, che ha vinto il Premio Speciale della Giuria al Festival di Venezia. Non si può negare che il soggetto sia molto originale e fa scoprire un ambiente, quello degli emigrati in Francia dalle ex colonie nordafricane francesi, pochissimo conosciuto. E’ anche vero che la fotografia è molto bella e tutti i visi sono così veri ed espressivi che parlano da soli, raccontando una storia dolce-amara che fa sorridere ma stringe il cuore. Però… il film dura due ore e mezzo, perché le sequenze sono lunghissime, hanno tempi orientali, a volte non si vede l’ora che finiscano. Mentre avrebbe potuto avere una lunghezza normale o poco più, dicendo le stesse cose, con lo stesso impatto emotivo.

La storia è quella di Beiji, sessantenne operaio tunisino trapiantato in Francia, a Marsiglia, che non potendo più lavorare nel cantiere navale sogna di aprire un ristorante su una vecchia nave in disarmo. Conta per questo su la ex moglie, bravissima nel fare il cous cous di pesce, questa specie di piatto nazionale magrebino che piace molto anche agli occidentali. Ma il sogno si scontra con la realtà della mancanza di denaro - indispensabile per realizzarlo - e con i vani tentativi di procurarselo. Finché ha un’idea: sistemata alla meglio la nave con l’aiuto di uno dei tanti figli, organizza una grande cena a base di cous cous e invita tutti coloro che gli hanno rifiutato il prestito oltre ai vari notabili della città. Il successo sembra assicurato, perché tutta la numerosa famiglia e i vecchi amici partecipano all’impresa. Ma un contrattempo all’ultimo momento sta per mandare tutto all’aria…Viene da pensare ai Malavoglia di Verga, con la loro povera barca di lupini…Forse però a Beiji andrà meglio, grazie anche ad una strepitosa, pure se un po’ naif, danza del ventre improvvisata da una sua figliastra.