E a farlo è un personaggio che gli americani chiamano “tagliatore di teste”, un vero e proprio professionista del settore, che pur evitando qualsiasi forma di empatia, sa come parlare, sa cosa dire, per rendere l’impatto con la dura realtà meno duro possibile.
E non è vero che gli americani la prendano con filosofia, tanto “perso un lavoro se ne trova un altro”. Al contrario, i più anziani sono disperati: c’è chi piange, chi si sente male, chi parla di suicidio…Certo, a nessuno viene in mente di salire su una gru o di passare giorni e notti sul tetto della fabbrica, ma qualcuno si suicida davvero. E non serve cambiare metodo per dare la notizia, come propone una giovane psicologa (Anna Kendrick): evitando il contatto diretto, come in una video conferenza a due, si parla con un sistema di videochiamata via internet dalla sede centrale, risparmiando così anche un sacco di soldi. Ma quella freddezza impersonale rende ancora più dura la realtà, come quando da noi si annuncia con una “raccomandata” che il posto non è più disponibile o che il lavoratore è “messo in libertà”, come se prima fosse stato in prigione.
Il tema della solitudine è invece toccato solo verso la fine del film, ma in fondo dà il tono a tutta la storia. E’ proprio il “tagliatore di teste”, interpretato da un bravissimo George Clooney, che vola da una città all’altra per svolgere il suo lavoro, senza mai avere un indirizzo fisso o una persona da amare, perché non vuole legami, che alla fine si accorge che “libertà” non sempre significa “felicità”. Ma quando vorrebbe sostituire alle facili avventure che non lasciano traccia tra un volo e l’altro, qualcosa di più solido, qualcosa di più vero, anche a costo di rinnegare le sue sbandierate convinzioni, ecco che l’attende una sorpresa…La bella Alex ( Vera Farmiga) non ama le sorprese.
Il film è molto coinvolgente, forse perché molto attuale. Ma anche perché poggia su una sceneggiatura perfetta, con un ritmo che non dà tregua dalla prima all’ultima sequenza. E la recitazione degli attori non è da meno.
Recensione di Gabriella Parca