Attraverso una scrittura che diventa passione, l'autrice descrive le sensazioni che suscita il fantastico trasparire della fine arte del saper selezionare, attraverso il gusto, i sapori che maggiormente sono per noi fonte di piacere.
Mediante la scelta narrativa di consentire a ciascuna voce narrante di esprimere il proprio punto di vista e la propria voce, viene costruita una narrazione corale che ripercorre la carriera di monsieur Arthens, il più grande critico gastronomico dei mondo. Un despota cinico ed egocentrico che decide le sorti degli chef più prestigiosi. La carriera di monsieur Arthens è ricostruita dall’infanzia ai fasti della maturità, attraverso la celebrazione di piatti poveri e d’ “haute cusine”. Una diuturna ricerca del sapore dell’eccellenza quello che monsieur vorrebbe assaggiare di nuovo prima del trapasso.
Eh, si perché in modo inaspettato Arthens si trova sul letto di morte a cercare quel sapore primordiale che diede inizio alla sua passione di vita. Veniamo a sapere quasi subito che la causa non è collegata alle le sue passioni culinarie ma accidentale. Ogni stanza è un luogo e un contrappunto di voci narranti: dei familiari, dell’amante, dell’allievo, del gatto e della portinaia Renèe. Tutte daranno voce alle “verità” che loro sentono, pensando di possedere l’uomo Arthens.
In questa non prevista ricerca l’uomo Arthens sembra ispirare solo sentimenti estremi, che vanno dall’amore incondizionato all’odio feroce, toccando anche accenti di terrore. Una scrittura che in modo fresco e giocoso sa dare voce anche al sapore e al gusto e in sé consentono all’autrice d’affrontare con ironia il tema del “piacere brutale, senza compromessi, che parte dal centro di noi stessi, bada solo al nostro godimento e alla fine ritorna da dove è partito.”