Il coro di dissenso per il lieto fine mi faceva catalogare la storia come banale anche se con spunti di discussione interessanti. L’apprezzamento per il regista e la curiosità per le tecniche e la narrativa utilizzata mi inducevano ad andare di persona a vivere l’esperienza e a farne una personale opinione. Quel racconto che principia con una morte e si conclude con una morte vita, che ci parla dell’essere e non dell’apparire che ci mostra un osare figlio di nessuna tecnologia e di nessuna omologazione ma della fatica della scelta, scelta di vivere la propria esperienza con la paura, l’impotenza, la sfrontatezza di quella scena iniziale pervasa dalla pazza insensata gioia di riavere un paio di gambe per correre.
A questa storia che ci sussurra di un ancestrale sentire con nuovi linguaggi ben si addice l’esergo riportato nella introduzione del libro di Marina Valcarenghi: “L’amore è per i coraggiosi, tutto il resto è coppia”. La psicoterapeuta e psicanalista si interroga su alcuni snodi e punti nevralgici delle relazioni d’amore così come le raccontano i suoi interlocutrici/tori. Ci si innamora ancora, pero' pervasi da un incertezza che sembra essere la cifra e il segno della relazione stessa che fa assomigliare l’amore , il più delle volte misconosciuto, confuso e qualche volta subito più ad un incidente di percorso rispetto ai propri piani di vita, alle scelte professionali e non piuttosto che ad una stato di grazia.
Come mai proprio nel nostro tempo e nel nostro modello sociale dove si aprono meravigliose opportunità, date dalla autonomia femminile, di fronte a una storia d’amore emergono reciproche dipendenze? L’autonomia femminile, l’evoluzione del costume e i diritti civili in ambito sessuale potrebbero offrire una libertà che non è mai stata possibile prima, una libertà come garanzia di sentimento sincero svincolata finalmente dalla confusione tra sentimento e bisogno, dall’esigenza di nascondere la propria identità. Il libro non intende riconoscere il disagio che attraversa le relazioni d’amore oggi e indagarlo d un punto di vista della psicoanalisi, con un linguaggio scorrevole e con esempi tratti dalla pratica analitica quotidiana. Indurci a riflettere sui fattori sociali, esistenziali e culturali, che fanno emergere come “l’istinto” amoroso appartenga agli istituti universali. Secondo le ricerche del’etologia e della psicologia analitica l’amore, riguarda tutti gli esseri della specie e non solo.
Allora come ad oggi, si manifesta spesso senza il supporto del coraggio necessario per travolgere la paura: di soffrire, di sbagliare, della solitudine, delle responsabilità, del possesso, dell’abbandono, del tradimento? In sintesi si tratta di una paura che possiamo definire inconscia: l’irriducibile paura che gli uomini hanno delle donne e le donne degli uomini che ha origine nella definitiva diversità nel modo di capire, di sentire e di immaginare. Si rimane lì in uno spazio sospeso, spesso senza riconoscere e definire rapporti, senza offrire loro ossigeno e progettualità nell’illusione di una sofferenza risparmiata, senza fare i conti che la diversità quando è insondabile pur essendo inquietante esercita una particolare fascinazione. Senza pretesa di esaustività alcune sollecitazioni sul tema: Maurizio Maggiani”Meccanica Celeste” Feltrinelli Mi 2010 - pp.312; 15 euro; Catherine Dune “L'amore o quasi” Guanda Parma 2006 - pp.317; 15,50 euro; Mario Brelich “Il sacro amplesso” Biblioteca Adelphi Mi 1972 - pp.290; 22 euro; Roland Barthes “ Frammenti di un discorso amoroso” Einaudi Tascabili Mi I°ed.1979 pp.258; 11,50 euro Umberto Galimberti “Le cose dell'amore” SuperUe Feltrinelli Mi 2004 - pp.171; 8.00 euro Bruno Mondadori- Milano2009 p.170 euro 24,00 Nel presentare questo libro, desidero partire da una riflessione che di primo acchito può sembrare fuori tema, il finale positivo del film “Avatar”. Personalmente non ho mai amato “il lieto fine” ad oltranza stile “Walt Disney” ma questa levata di scudi contro un finale positivo mi ha colpito. Inizialmente per la reazione che stava inducendomi a rinunciare alla visione della pellicola, e in seconda battuta perché trapelava un disagio diffuso nei confronti di un sentimento complesso quale l’amore è. Il coro di dissenso per il lieto fine mi faceva catalogare la storia come banale anche se con spunti di discussione interessanti.
L’apprezzamento per il regista e la curiosità per le tecniche e la narrativa utilizzata mi inducevano ad andare di persona a vivere l’esperienza e a farne una personale opinione. Quel racconto che principia con una morte e si conclude con una morte vita, che ci parla dell’essere e non dell’apparire che ci mostra un osare figlio di nessuna tecnologia e di nessuna omologazione ma della fatica della scelta, scelta di vivere la propria esperienza con la paura, l’impotenza, la sfrontatezza di quella scena iniziale pervasa dalla pazza insensata gioia di riavere un paio di gambe per correre. A questa storia che ci sussurra di un ancestrale sentire con nuovi linguaggi ben si addice l’esergo riportato nella introduzione del libro di Marina Valcarenghi: “L’amore è per i coraggiosi, tutto il resto è coppia”. La psicoterapeuta e psicanalista si interroga su alcuni snodi e punti nevralgici delle relazioni d’amore così come le raccontano i suoi interlocutrici/tori. Ci si innamora ancora, pero' pervasi da un incertezza che sembra essere la cifra e il segno della relazione stessa che fa assomigliare l’amore , il più delle volte misconosciuto, confuso e qualche volta subito più ad un incidente di percorso rispetto ai propri piani di vita, alle scelte professionali e non piuttosto che ad una stato di grazia.
Come mai proprio nel nostro tempo e nel nostro modello sociale dove si aprono meravigliose opportunità, date dalla autonomia femminile, di fronte a una storia d’amore emergono reciproche dipendenze? L’autonomia femminile, l’evoluzione del costume e i diritti civili in ambito sessuale potrebbero offrire una libertà che non è mai stata possibile prima, una libertà come garanzia di sentimento sincero svincolata finalmente dalla confusione tra sentimento e bisogno, dall’esigenza di nascondere la propria identità. Il libro non intende riconoscere il disagio che attraversa le relazioni d’amore oggi e indagarlo d un punto di vista della psicoanalisi, con un linguaggio scorrevole e con esempi tratti dalla pratica analitica quotidiana. Indurci a riflettere sui fattori sociali, esistenziali e culturali, che fanno emergere come “l’istinto” amoroso appartenga agli istituti universali. Secondo le ricerche del’etologia e della psicologia analitica l’amore, riguarda tutti gli esseri della specie e non solo.
Allora come ad oggi, si manifesta spesso senza il supporto del coraggio necessario per travolgere la paura: di soffrire, di sbagliare, della solitudine, delle responsabilità, del possesso, dell’abbandono, del tradimento? In sintesi si tratta di una paura che possiamo definire inconscia: l’irriducibile paura che gli uomini hanno delle donne e le donne degli uomini che ha origine nella definitiva diversità nel modo di capire, di sentire e di immaginare. Si rimane lì in uno spazio sospeso, spesso senza riconoscere e definire rapporti, senza offrire loro ossigeno e progettualità nell’illusione di una sofferenza risparmiata, senza fare i conti che la diversità quando è insondabile pur essendo inquietante esercita una particolare fascinazione. Senza pretesa di esaustività alcune sollecitazioni sul tema: Maurizio Maggiani”Meccanica Celeste” Feltrinelli Mi 2010 - pp.312; 15 euro; Catherine Dune “L'amore o quasi” Guanda Parma 2006 - pp.317; 15,50 euro; Mario Brelich “Il sacro amplesso” Biblioteca Adelphi Mi 1972 - pp.290; 22 euro; Roland Barthes “ Frammenti di un discorso amoroso” Einaudi Tascabili Mi I°ed.1979 pp.258; 11,50 euro Umberto Galimberti “Le cose dell'amore” SuperUe Feltrinelli Mi 2004 - pp.171; 8.00 euro