ELENA
Per pigrizia o per mancanza obiettiva di materiale, non si sa come i partiti accogliessero le donne, se venissero snobbate o se fossero ricercate.
Da certi aneddoti emerge che le donne dei partiti accettavano le gerarchie maschili e si adeguavano a loro.
Alcune riuscivano anche a far carriera. Per la loro specificità femminile dovevano continuamente dimostrare capacità ritenute da uomini e donne non comuni alla generalità del “sesso debole”.
In genere nei partiti e nelle istituzioni le donne in politica venivano delegate o si dedicavano spontaneamente agli organismi legati alle politiche familiari o assistenziali.
Ma se ciò poteva allontanarle dalle responsabilità decisionali ritenute squisitamente maschili, in effetti, questi assessorati si dimostravano per i partiti di massa, validi serbatoi di voti. In ogni caso, le massa donne erano per tutti i partiti un serbatoio di voti da cogliere, e la propaganda elettorale si rivolgeva con specificità a loro.
Erano poche quelle a raggiungere posti di responsabilità nei "partiti", e dovevano adeguarsi agli schemi maschili, spesso trascurando la famiglia o rinunciando a farsi una famiglia. Alcune avevano tratto le loro esperienza di lavoro politico nella militanza partigiana, e dall'associazionismo femminile cattolico o laico borghese.
Lidia, che era sindacalista, sulla sua pelle aveva constatato che, all’indomani della “liberazione”, nei partiti e nei sindacati non c’erano sole le elette, ma anche parecchie donne militanti che si andavano organizzando in "Sezioni femminili", per poter discutere di politica separatamente, ma non solo sui temi ritenuti "femminili".
Già nell’Italia occupata erano nati "Gruppi di Difesa della Donna e per l'Assistenza ai Volontari della Libertà" (Gdd), come organizzazione separate delle donne antifasciste, con fini di dare supporto ai combattenti.
Dopo la guerra, sul versante comunista Togliatti in più occasioni si era rivolto alle donne comuniste proponendo una organizzazione femminile separata dal partito con compiti di supporto e di sostegno: "Gdd" sono confluiti nell’Unione Donne Italiane - UDI.
La pubblicistica femminista sottolinea, come fra Gdd e UDI ci siano state regressioni.
Per esempio, l'appello costitutivo dell'UDI, al contrario di quello dei Gdd, non esplicitava la rivendicazione della parità di diritti e di salario per le donne, ma attribuiva all'associazione femminile di partito compiti ed iniziative solidaristiche.
Le donne democristiane, che nella resistenza avevano militato assieme alle donne comuniste e socialiste, nella logica politica della emarginazione del partito comunista legato all'Unione Sovietica, non hanno partecipato all'UDI (al quale avevano aderito le donne repubblicane e socialiste, ma sono state condizionate a costituirsi in organismo proprio.
E così le donne della democrazia cristiana hanno avuto come associazione femmile di riferimento il CIF- CENTRO ITALIANO FEMMINILE, che era frutto di speculari valutazioni politiche elaborate nell'UDI.
Le donne del Cif, di fatto, aderivano dall'Azione Cattolica e dell'Istituto Cattolico di Attività Sociali "per creare un movimento apertamente e schiettamente cristiano che convogli la donna verso un femminismo ( ecco che viene usata la parola femminismo dalle cattoliche) in totale armonia con gli insegnamenti della Chiesa e la prepari, guidi e sostenga per la conquista e l'esercizio dei doveri che le sono propri nella nuova atmosfera nazionale" .